Grecia: la fabbrica Vio.Me avvia la produzione sotto controllo operaio!
La Grecia delle lotte contro l'austerità compie ancora un piccolo, grande, passo avanti. Con un comunicato pubblicato l'8 febbraio 2013, gli operai della fabbrica Vio.Me annunciano l'inizio dell'autogestione della produzione. Avevo incontrato alcuni operai della fabbrica questa estate ad Atene durante una delle numerose iniziative di discussione pubblica dedicate alla lotta della Vio.Me.
Nel maggio 2011, la Philkeram-Johnson, azienda leader della ceramica, decide di chiudere lo stabilimento Viomihaniki Metalleytiki di Salonicco, lasciando senza salario più di ottanta operai. Inizieranno giornate di lotta e di sciopero per i dipendenti costretti a sopravvivere con poco più di trecento euro al mese del sussidio sociale. Durante le assemblee operaie, organizzate per fare il punto della situazione, i lavoratori si rendono conto di essere ormai prossimi alla fine del vicolo cieco, in cui la crisi li aveva trascinati, e decidono con il consenso del 98% dell'assemblea di organizzarsi per autogestire la fabbrica. “Vogliamo essere conosciuti e riconosciuti dalla società. Vogliamo che più cittadini possibili siano al corrente degli obiettivi della nostra lotta”, mi avevano detto con una certa preoccupazione gli operai con cui avevo discusso. Il timore era che senza solidarietà diffusa nel territorio dove sorge la fabbrica, e più in generale nella società greca, la lotta per il controllo operaio, e l'autogestione della produzione, non avrebbe vinto. “Lo stato sta cercando con ogni mezzo di sabotare la nostra lotta. E le alte burocrazie sindacali tentano di bloccarci. Hanno paura di perdere il loro potere. D'altronde se autogestiamo la fabbrica non hanno più motivo di esistere!”, e così dalla fabbrica di Salonicco parte il tour di sensibilizzazione in giro per la Grecia, sostenuto soprattutto dai movimenti sociali.
L'assemblea ad Atene venne organizzata a metà agosto, con la città ancora deserta, sulla terrazza del centro sociale Nosotros che si affaccia su Piazza Exarchia. Ma già alle ore 21 mancavano le sedie libere! Più di un centinaio di solidali avevano sfidato l'afa e le strade roventi della capitale per ascoltare le parole degli operai della Vio.Me: “siamo convinti che per vivere, e vivere bene, abbiamo bisogno solo di noi stessi e di quello che sappiamo fare insieme! Non abbiamo bisogno dei padroni, dello stato, o del capitalismo per produrre! Sappiamo fare tutto senza di loro!”. Gli applausi scroscianti sembravano diradare la tensione accumulata dai giorni successivi alle elezioni di giugno, dove la salita in parlamento di Alba Dorata, le coltellate e il pogrom istituzionale Zeus Xenio contro i migranti avevano occupato con violenza la scena, già resa tetra dagli ennesimi tagli alle pensioni e alla sanità del governo neoeletto. Ricordo il discorso calmo e determinato con cui un operaio della fabbrica illustrò il progetto di autogestione, e ricordo bene anche la forza delle sue parole, quando spiegava che era tempo di andare anche oltre alla forma di lotta dello sciopero sindacale, per passare immediatamente alla realizzazione della solidarietà tramite l'autogestione e la cooperazione. Dopo circa sei mesi quella forza ha raggiunto l'obiettivo. E in fabbrica si festeggiano le prime giornate di produzione completamente autogestita. E' primo piccolo, grande, passo in avanti delle lotte in Grecia.
L'esperienza di autorganizzazione oltre lo stato e contro la crisi capitalistica in questo caso ha a che fare immediatamente con la produzione. Se fino ad oggi le istituzioni autonome della mutualità e della solidarietà avevano riguardato la distribuzione dei beni di prima necessità e la riproduzione sociale colpita dalla fine del welfare, finalmente la Grecia della dignità e della giustizia sociale sperimenta anche la possibilità del controllo diretto e dell'autogestione dei mezzi di produzione. E' la prima esperienza nel suo genere, ma possiamo credere che in Grecia potrebbe avere degli effetti virali proprio come nel caso degli ambulatori popolari o di altri comitati di lotta. D'altronde nella penisola ellenica chi pensa ancora che pagare la crisi della finanza globale possa preludere ad una crescita dell'economia accompagnata da un nuovo welfare? Dopo questi anni in cui si sta provando il peso sul proprio corpo dei memorandum della Troika, in che cosa si può avere fiducia se non nelle proprie mani unite a delle altre?
La Vio.Me autogestita risponde chiaramente a questi quesiti ed indica la direzione dell'autogestione e della solidarietà per risolvere il problema. Anche in questo caso dei lavoratori lasciati a campare con le loro famiglie con pochi euro al mese, hanno intrapreso una lotta per fare i propri interessi collettivi, distanti e antagonisti da quelli del padrone e delle elites dell'austerità. Per loro quegli operai, come il resto dei poveri, precari e disoccupati, potrebbero crepare fuori al pronto soccorso di un ospedale perché senza soldi o assicurazione sanitaria, oppure potrebbero far crescere i propri figli malnutriti e senza riscaldamento per l'inverno. A loro non interessa se ormai è comune per una famiglia decidere quali dei quattro membri avranno il privilegio di comprare un'assicurazione sanitaria. No, loro non si preoccupano di ciò, perché si interessano solo dei propri guadagni e del mezzo migliore per aumentarli. Se questo significa anche distruggere vite e condannare a morte tramite disoccupazione e precarietà, è chiaro che fa lo stesso!
La lotta di Vio.Me spezza per la prima volta, sul terreno della produzione, questa storia che fino ad oggi hanno scritto solo i padroni, e apre alle lotte contro l'austerità in Grecia un nuovo orizzonte del possibile. Finalmente i lavoratori fanno i propri interessi collettivi, e decidono come, cosa, perché, e per chi produrre e cooperare. Certo, alla Vio.Me autogestita sanno bene che la loro esperienza per andare avanti non può restare un caso esemplare, ma ha bisogno che ancora altre attività produttive e servizi sociali vengano riconquistati dagli sfruttati. Hanno bisogno che le variegate forme della produzione operaia conquisti autonomia per realizzare quel nuovo passo avanti per cui alla Vio.Me si lotta con determinazione: “uno sciopero politico generale per estromettere chi distrugge le nostre vite”. Uno sciopero generale che non chiede niente a nessuno, ma afferma l'urgenza di sbarazzarsi di quell'egoismo parassitario di pochi, da sempre nemico della vita e della dignità di molti.
Su twitter @fulviomassa
Il comunicato che annuncia l'avvio della produzione alla Vio.Me tradotto dalla redazione di Infoaut:
La fabbrica Vio.Me. (Industria Mineraria) avvia la produzione sotto il controllo dei lavoratori
"Siamo coloro che impastano, eppure non abbiamo pane,
siamo coloro che scavano il carbone, eppure abbiamo freddo.
Siamo coloro che non hanno nulla, e stiamo venendo a prendere il mondo "
Tassos Livaditis (poeta greco, 1922-1988)
NEL CUORE DELLA CRISI, I LAVORATORI DELLA VIO.ME. MIRANO AL CUORE DELLO SFRUTTAMENTO E DELLA PROPRIETA'
Con la disoccupazione che sale al 30%, i redditi dei lavoratori prossimi a zero, stanchi e delusi di paroloni, promesse ed ulteriori tasse, non pagati dal Maggio 2011 e attualmente in rifiuto di prestare la propria manodopera, con la fabbrica abbandonata dai datori di lavoro, i lavoratori della Vio.Me. per decisione della loro assemblea generale dichiarano la propria determinazione a non cadere preda di una condizione di disoccupazione perpetua, ma all'opposto di lottare per prendere la fabbrica nelle proprie mani e di gestirla essi stessi. Attraverso una proposta formale risalente all'Ottobre 2011 hanno affermato la costituzione di una cooperativa operaia sotto il pieno controllo dei lavoratori, rivendicando il riconoscimento legale sia per la loro stessa cooperativa operaia che per tutte le altre che seguiranno. Allo stesso tempo hanno continuato a rivendicare il denaro necessario per mettere in moto la fabbrica, denaro che in ogni caso appartiene ad essi, in quanto produttori della ricchezza della società. Il piano che era stato redatto incontrò l'indifferenza delle burocrazie statali e sindacali. Ma fu recepito con grande entusiasmo dal mondo dei movimenti sociali i quali, attraverso la creazione dell'Iniziativa Aperta di Solidarietà a Tessalonica ed in seguito con iniziative simili in molte altre città, hanno lottato per gli ultimi 6 mesi per diffondere il messaggio di Vio.Me. attraverso la società.
Ora è il tempo del controllo dei lavoratori della Vio.Me.!
I lavoratori non possono più aspettare che lo stato fallito assolva alle sue promesse gratuite di sostegno (anche l'aiuto di emergenza di 1000 euro promesso dal Ministero del Lavoro non è mai stato approvato dal Ministero delle Finanze). E' tempo di vedere la fabbrica Vio.Me. – oltre che ogni altra fabbrica che sta chiudendo, andando in bancarotta o licenziando i propri lavoratori – riaperta dai suoi lavoratori, e non dai suoi vecchi o nuovi padroni. La lotta non dovrebbe essere limitata alla Vio.Me., affinché essa sia vittoriosa dovrebbe essere generalizzata e diffusa a tutte le fabbriche ed attività che stanno chiudendo, perché solo attraverso una rete di fabbriche autogestite la Vio.Me. sarà capace di prosperare ed illuminare la strada verso una diversa organizzazione della produzione e dell'economia, senza sfruttamento, disuguaglianza o gerarchia.
Quando le fabbriche stanno chiudendo una dopo l'altra, il numero dei disoccupati in Grecia si avvicina ai 2 milioni e la vasta maggioranza della popolazione è condannata alla povertà ed alla miseria dalla coalizione di governo del PASOK-ND-DIMAR, che continua le politiche dei governi precedenti, la rivendicazione di gestire la fabbrica sotto il controllo dei lavoratori è l'unica risposta ragionevole al disastro che viviamo ogni giorno, l'unica risposta alla disoccupazione; per questa ragione, la lotta di Vio.Me. è la lotta di tutti.
Esortiamo tutti i lavoratori, i disoccupati e tutti quelli che sono colpiti dalla crisi ad essere al fianco dei lavoratori della Vio.Me e di sostenere il loro tentativo di mettere in pratica la convinzione che i lavoratori possano farcela senza padroni! Li chiamiamo a partecipare ad una Carovana di Lotta e Solidarietà nazionale che culmini in tre giorni di lotta a Tessalonica. Li esortiamo ad intraprendere la lotta ed organizzare le loro stesse lotte dentro i propri luoghi di lavoro, con procedure di democrazia diretta, senza burocrati. Per partecipare ad uno sciopero politico generale per estromettere coloro che distruggono le nostre vite!
Mirando a instaurare il controllo dei lavoratori sulle fabbriche e sull'insieme della produzione ed organizzare l'economia e la società che desideriamo, una società senza padroni!
E' il tempo di Vio.Me.. Mettiamoci al lavoro!
Spianando la strada per l'autogestione dei lavoratori ovunque!
Spianando la strada per una società senza padroni!
Iniziativa Aperta di Solidarietà e Supporto
alla lotta dei lavoratori Vio.Me.
11 febbraio 2013
VioMe, dal fallimento all’autogestione
Nella convulsa situazione lavorativa greca, la decisione degli operai della VioMe (Viomijanikí Metaleftikí, Industriale Mineraria) di prendere le redini della fabbrica ha galvanizzato molti altri lavoratori che, improvvisamente, cominciano a intravedere quella che potrebbe essere la loro unica possibilità di conservare il posto di lavoro e il loro salario.
VioMe è una delle mille imprese che ogni settimana chiudono in Grecia dall’inizio della crisi. Solo che nel suo caso i problemi iniziati tre anni fa sono sfociati nell’occupazione della fabbrica e la ripresa della produzione da parte dei suoi dipendenti in un sistema assembleare e autogestito. Situata nella seconda città del Paese, Thessaloniki, e filiale della Philkeram-Johnson (il maggior fabbricante di mattonelle e materiali di ceramica della Grecia), l’impresa si dedicava alla fabbricazione di materiali e prodotti chimici destinati al settore dell’edilizia. Nel 2009 e 2010, VioMe ha ottenuto profitti per un valore di 2,7 milioni di euro, arrivando a vendere i suoi prodotti alle imprese incaricate di costruire tra l’altro l’aeroporto di Dubai. Ma al termine di quell’anno, in concomitanza con l’irruzione della crisi del debito sovrano in Grecia, la gestione dell’attività ha cominciato a far acqua e pochi mesi dopo, nel maggio 2011, l’impresa si dichiarò insolvente.
A partire da quel momento gli impiegati hanno cercato con tutti i mezzi di mantenere i loro posti di lavoro e di tornare a percepire i salari. La loro proposta di comprare le azioni dell’impresa, specificando chiaramente che non si sarebbero fatti carico dei debiti accumulati dalla precedente amministrazione, fu respinta dai proprietari. Sulla stessa linea, il ministero del Lavoro respinse la richiesta di aiuto finanziario, nonostante che potesse disporre di programmi destinati a disoccupati che cercano di iniziare una propria attività. Non arrivò a concretizzarsi neppure un sostegno di emergenza di 1.000 euro promesso dai responsabili del Lavoro non essendo stato ottenuto il nulla osta di quelli dell’Industria. E allo stesso modo fu giudicata negativamente da parte del governo la richiesta di creare una cornice legale che contemplasse la creazione di cooperative di lavoro con gestione assembleare.
Arrivati a questo punto, l’organico valutò che l’unica risposta ragionevole alla tragedia della disoccupazione (che in Grecia si avvicina ormai al 30%) è che la fabbrica passasse nelle mani dei lavoratori e si stabilisse un sistema di produzione ugualitario, senza gerarchia né sfruttamento.
La proposta è stata accolta con indifferenza dallo Stato e con una certa freddezza da parte delle burocrazie sindacali. Solo il movimento sociale ha accolto la notizia con grande entusiasmo, e grazie a un’iniziativa di solidarietà messa in atto all’interno del Paese e all’estero è riuscita a raccogliere, durante gli ultimi mesi, l’appoggi sociale e i fondi necessari per mettere di nuovo in funzione la fattoria. A livello internazionale si sono uniti alla campagna intellettuali del calibro di Naomi Klein, David Harvey, John Holloway, Silvia Federici o Raúl Zibechi. Ma inoltre è stato ricevuto un appoggio economico da organizzazioni popolari e sindacali dell’America Latina e dell’Europa, così come un buon numero di dichiarazioni di sostegno provenienti da collettivi di molti Paesi.
Un’impresa che inizia ora
La scorsa settimana, GARA si è recata alla VioMe per conoscere direttamente la situazione della fabbrica e le aspettative dei suoi lavoratori, diventati ora gestori del loro stesso destino. In una fredda e umida mattinata abbiamo visitato impianti che cominciano a svegliarsi dal letargo di mesi.
Vedere il video: http://www.naiz.info/es/mediateca/video/viome-fabrica-bajo-control-obrero-en-tesalonica
La prima cosa che ha attirato la nostra attenzione sono stati l’entusiasmo per il progetto e la certezza di essere sulla strada giusta. La crisi nel settore dell’edilizia, che ha sofferto una recessione dell’80% dall’inizio della crisi, non ha frenato l’entusiasmo dei lavoratori nel momento di rimettere in piedi la fabbrica. Anche se i soldi provenienti da donazioni e concerti di sostegno rappresentano il bilancio dei due prossimi mesi, la loro principale priorità è quella di cominciare a vendere ai clienti i prodotti in magazzino, per poter procedere con la nuova produzione.
Dimitri Nikolaidis, elettricista e responsabile del mantenimento delle macchine, è uno dei 35 operai impegnati nel progetto, dopo che i componenti dei dipartimenti amministrazione e prodotti chimici hanno rifiutato di unirsi all’impresa collettiva. «Siamo rimasti lavoratori e tecnici –ha spiegato Nikolaidis-; se ne sono andati i chimici e stiamo cercando aiuto per queste figure lavorative».
Tuttavia il principale ostacolo è la prolungata assenza di entrate. La sua ultima busta paga è arrivata nel settembre 2011, da allora –a quanto ha dichiarato- «abbiamo seri problemi di sopravvivenza. Molti sindacati ci aiutano con gli alimenti e per questo restiamo qui, grazie alle donazioni di molte persone restiamo qui lottando con coraggio».
Durante la nostra conversazione, Nikolaidis ha mostrato la sua fermezza e la convinzione nel successo dell’impresa, sottolineando che, secondo lui, «funzionerà. Inoltre, non abbiamo nulla da perdere, così ci proveremo con le nostre forze. Quando non hai niente che fai? Ti siedi a casa a guardare la televisione aspettando che Dio ti dia qualcosa? A noi ci ha dato questa fabbrica che useremo, lotteremo fino alla fine, dobbiamo provarci».
Un altro lavoratore della fabbrica, Alekos Sideridis, ci ha spiegato la dura lotta sindacale messa in atto per mesi in cui la precedente direzione della fabbrica ha cominciato a ridurre salari e diritti dei lavoratori.
«Nel 2010, quando i problemi economici hanno colpito l’impresa, sono iniziati i tagli e noi lavoratori abbiamo cercato di negoziare con la direzione, mentre iniziavamo con gli scioperi, con le fermate della fabbrica, abbiamo bloccato le porte... ma non c’ stata risposta. In aprile 2011 ci hanno diminuito il salario e un mese dopo hanno smesso di pagarci. Abbiamo continuato a recarci al lavoro per poter esigere i nostri stipendi ma senza più produrre. Alla fine la giustizia ha stabilito che non potevamo essere licenziati finché non avessimo ricevuto quello che ci spettava ».
Durante tutto questo tempo sono emerse varie idee su quello che si poteva fare. Alla fine si scelse di prendere la fabbrica, come pagamento dei debiti, e riprendere la produzione per mantenere il posto di lavoro. 35 lavoratori su 42 hanno sostenuto questa decisione, e a partire da quel momento si è iniziato a fare turni di vigilanza, 24 ore al giorno, per evitare che smantellassero gli impianti portandosi via le attrezzature o i prodotti immagazzinati.
Per il momento, non hanno avuto alcun contatto con i precedenti proprietari, «negli ultimi due anni abbiamo solo avuto conversazioni con il Ministero e pare che vogliano fare qualcosa», ma non esiste alcuna proposta formale. Tuttavia la prospettiva di lavorare senza padroni è una delle conseguenze più positive di questa nuova fase. Alla domanda se «stanno meglio senza capi» arriva un rotondo «sì, sì, è chiaro, non c’è discussione».
Come il suo compagno, Sideridis mette in rilievo la situazione personale estremamente dura in cui si trovano. «Per le nostre famiglie non c’è altra strada, dobbiamo sopravvivere di questi tempi così difficili. Sono mesi che non riscuotiamo ma grazie alla solidarietà dalla Grecia e anche da altre parti del mondo siamo ancora vivi. La nostra lotta è quotidiana», ribadisce. Su questo aggiunge che hanno ricevuto la visita di persone provenienti da alcune delle fabbriche occupate in Argentina.
Sideridis riconosce che la prima idea che gli è passata per la testa quando mesi fa hanno smesso di pagargli lo stipendio è stata violenta. «Credo che tutti noi lavoratori abbiamo avuto lo stesso pensiero, forse per la nostra cultura», ma successivamente e a mente fredda, è riuscito a trovare insieme ai suoi compagni «una strada che è stata la migliore soluzione».
Da più di due settimane tutti i lavoratori si riuniscono in assemblea nelle prime ore della mattinata per discutere l’ordine del giorno, «ci assegniamo i compiti secondo la specializzazione di ciascuno e in modo che tutti siano nel posto in cui se ne ha bisogno. Poi cominciamo con il controllo dello stock e successivamente vendiamo i prodotti all’asta».
Non ha dubbi ad esortare i lavoratori di altri Paesi e nazioni a prendere la strada dell’autogestione, poiché «senza lavoro, senza soldi, senza aiuto dello Stato e con le fabbriche chiuse, non c’è altra soluzione che quella di pensare a fare la stessa cosa che abbiamo fatto noi». Oltre le culture e le frontiere «quando non hai niente da perdere, questa è la soluzione», ha sentenziato.
Prima di terminare la visita, anche altri lavoratori lì presenti hanno insistito sul fatto che «la lotta non deve limitarsi alla VioMe, ma perché sia vincente deve generalizzarsi ed estendersi a tutte le fabbriche ed imprese che stanno chiudendo», perché solo mediante una rete di fabbriche autogestite sarà possibile prospettare un nuovo tipo di economia.
Fonte: http://gara.naiz.info/paperezkoa/20130304/390777/fr/VIOME-quiebra--autogestion
Traduzione per Senzasoste Andrea Grillo, 4 marzo 2013